I FRANCHI
Ritrovamenti carolingi a Castelseprio
Con la prese
del potere longobardo da porte di Carlo Magno i fines vennero affidati
in genere ad un Comes, o Conte da cui derivano i Comitati, maggiori
o minori, i secondi dei quali spesso furono alla base dei successivi ‘contadi
rurali’ medioevali, come fu il caso dei Comitati di Seprio o di Stazona
posti in subordine a quello maggiore di Milano.
Agli ordini dei Conti, quali referenti per esse presso il Sovrano, passarono
anche le arimannie con i relativi beni costitutivi. Quanto alle vecchie cariche
longobarde rimasero in vita, con lievi modifiche nei compiti e solo per qualche
decennio ancora, quella del Gastaldo, in subordine al Conte, e quella dello
Sculdascio, sempre con funzioni di giudice minore (per Seprio si ha memoria
di un Gastaldo, certo Roteno, che compare in un documento dell’844, evidentemente
in subordine al Conte di Milano).
Con l’arrivo dei Franchi a Castel Seprio, nulla dovette in sostanza mutare dato che da vari documenti successivi risulta che il castrum continuò ad essere il centro di un grosso distretto in subordine a Milano che, retto ora da un Comes o Conte, ora da un Gastaldus, ora da un Judex, figura a metà tra un Conte ed un Gastaldo, ebbe nome di comitàtus, da cui Contado.
Sebbene continuò
ad avere dei propri Conti, il Seprio dovette già sugli inizi dell’epoca
carolingia, essere frazionato in zone di diversa spettanza per via delle sempre
più estese concessioni immunitarie fatte dai diversi Imperatori ai loro
fedeli, laici o ecclesiastici che fossero.
Sugli inizi del X secolo il fenomeno aveva toccato proporzioni notevoli le quali
si sarebbero ancor più accentuate negli anni a venire per il passare
di diverse terre del comitatus al Vescovo di Como nel nord e, in altri settori,
a quello di Milano.
Quando poi, a cavallo del Mille, gli Arcivescovi milanesi, con l’approvazione
imperiale, concessero a diversi loro sostenitori, i cosiddetti Capitanei S.
Ambrosii, di infeudarsi le pievi della propria diocesi, il seprio raggiunse
il colmo dello sbriciolamento.
I Conti, da parte loro, esclusi con tali infeudazioni anche da quei pochi brandelli
di territorio che erano ancora in loro possesso, dopo aver assunto a propria
volta atribuzioni feudali, finirono per conservare autorità solo su Castel
Seprio e gli immediati dintorni definendosi non più Conti del Seprio,
ma di Castel Seprio.
Come parte della pieve di San Giovanni Evangelista, questi dintorni sarebbero
dovuti passare a certi Capitanei cui la pieve era toccata.
Ma nella pratica le cose non poterono andare così: innanzitutto perché
gran parte del cuore della stessa era accupata dalla vecchia locale arimannia
su cui ora i Conti esercitavano probabilmente dei diritti feudali, e poi perché
Vico Seprio doveva rientrare in una curtis, o complesso economico-agricolo autosufficiente,
che prendeva nome da Castel Seprio e che era stato concesso dagli imperatori
ai conti.
Oltre che insediarsi a Castiglione, da dove poi trassero il nome, questi Capitanei
della pieve di Castel Seprio non poterono dunque estendere la loro autorità
che su quello che restava libero, inaugurando poi luogo per luogo, coi loro
Valvassores, tanti piccoli dominati, o signorie.
Di riflesso al decadere della autorità dei propri Conti, Castel Seprio nel X secolo dovette perdere totalmente ogni parvenza di luogo fortificato.
Nella seconda metà del secolo XI i Conti iniziarono ad alternare la loro
residenza tra Castel Seprio ed alcune loro altre proprietà, site nella
zona di Tradate-Venegono.
Abbandonato in tal modo a se stesso, il castrum – di cui essi risultavano
pur sempre consegnatari per conto dell’Imperatore, e nel quale essi avevano
forse poco prima eretto la chiesa di San Paolo – andò sempre più
in rovina sino a ridursi, nel breve giro di pochi decenni, ad un qualcosa che
dell'antica funzione conservava solo il nome.