L'ANNO 1287
Nel 1276 Ottone
Visconti ritornò alla carica contro i della Torre seguito dai superstiti
e, portandosi a Novara, raccolse le proprie forze, occupò Arona e le
sue vicinanze, Angera, varcò il Ticino, irruppe nel Seprio e puntò
verso il suo capoluogo Castel Seprio, presieduto da una scarna guarnigione.
Napo della Torre comprese immediatamente la necessità di sconfiggere
definitivamente gli esuli a Castelseprio.
Dal 1274 egli disponeva, in quanto Vicario Imperiale di Milano, di due grosse
bande di mercenari tedeschi. Egli li mise agli ordini del figlio Cassone e li
indirizzò verso Castelseprio seguendoli a qualche giorno di distanza
con il grosso delle forze.
Con ogni probabilità i Tedeschi di Cassone si erano accampati nella piana
mentre gli esuli dovevano essere stanziati nella zona di Santa Maria foris portas.
I della Torre attaccarono, gli Ottoniani, pur difendendosi fino allo stremo,
furono costretti ad abbandonare l’abitato e a rifugiarsi nella rocca con
tutta la popolazione locale.
Dopo diverse ore di battaglia Ottone Visconti di lasciare il campo presso Santa
Maria foris portas e di partecipare allo scontro: sarebbe stata l’inesorabile
sconfitta dei torriani se l’Arcivescovo non avesse ceduto alla pietà
arrestando il combattimento alle soglie dell’accampamento nemico.
Nelle ore successive i Della Torre riorganizzarono le file e vennero raggiunti dai contingenti di rinforzi: alle prime luci dell’alba una massa compatta di avversari si avventò sul campo visconteo costringendo Ottone e gli esuli scampati a fuggire dal campo galoppando verso nord.
Nonostante questa
vittoria, nel gennaio del 1277, a Desio, sorpresi dagli avversari, i della Torre
subirono un’inaspettata sconfitta in seguito alla quale Ottone e i suoi
seguaci poterono tornare a Milano.
I ruoli si invertivano: i della Torre superstiti divenivano esuli pronti ad
assalire Milano per ristabilirne il dominio. L’Arcivescovo, per contrastare
i loro possibili attacchi chiese aiuto al Marchese del Monferrato, cui per alcuni
anni venne affidata la signoria di Milano.
Il Visconti, tuttavia, mirava a diventare despota e nel 1283, congedò
bruscamente il Marchese provocando grossi dissensi fra i sostenitori dell’Arcivescovo
stesso tanto che alcuni lo abbandonarono mentre altri passarono in campo avversario.
Il risultato fu che l’influenza di Milano su alcuni territori, quali,
ad esempio, Como, andò perduta nel modo più assoluto.
L’Arcivescovo avviò alcune operazioni militari intese a recuperare
la zona di Lecco.
Uno dei comandanti fu Guido da Castiglione: dii antica e ricchissima schiatta
capitaneale sepriese, Guido era figlio di un Corrado, alleato dei della Torre
probabilmente sino alla fine del 1274 quando, per motivi poco chiari, questi
era entrato in lotta che gli antichi compagni avendone per conseguenza il castello
di Castiglione distrutto.
Dopo la vittoria di Desio, Ottone Visconti aveva voluto benevolmente ricordarsi
di lui e della sua famiglia.
Guido da Castiglione ereditava dai suoi avi anche l’aspirazione a diventare
Signore di Castelseprio: non è da escludersi, infatti, che la rottura
con i Torriani sia stata causata dal designarsi di uno di questi, Francesco,
quale Signore del Seprio nel 1266.
Verso la metà
del marzo 1285 mentre il marchese del Monferrato minacciava il territorio di
Milano, Goffredo della torre passava all’azione entrando il 13 marzo in
Bergamo e qualche giorno più tardi a Como.
Per tagliare ogni contatto tra tale avversario e la città ambrosiana,
il della Torre comprese che la mossa più opportuna sarebbe stata occupare
Castelseprio, decisione sostenuta da Guido da Castiglione, passato agli avversari
dopo essersi visto defraudare del titolo di Signore del Seprio.
Le truppe viscontee reagirono dirigendo verso Castel Seprio: ne nacque una situazione
di stallo in cui un gruppo di milanesi si spinse fino a Castiglione per parlamentare
con Guido discendendo poi da qui direttamente a Milano dove riferirono all’Arcivescovo
Ottone.
Il 18 maggio 1285 l’esercito milanese lasciava il Bassone per tornare
in Città mentre i torriani comaschi sgombravano Castelseprio e Guido
da Castiglione ne divenne custode momentaneo e garante della tregua.
Le trattative non andarono a buon fine e i torriani comaschi ripresero le armi
mentre alcuni nobili cittadini intervenivano per pretendere la restituzione
da parte del Castiglione di Castelseprio a Milano.
Messo alle strette, Guido si schierò nuovamente con i Torriani impegnati
in un vano assedio a Varese, invitandoli a prendere possesso del castrum.
Questa volta i viscontei attaccarono con decisione: solo la rocca, dove i torriani
comaschi si erano rinchiusi, rimase inattaccabile tanto che i milanesi lasciarono
Castelseprio dopo aver messo a sacco il borgo, colpevole di non essersi opposto
al nemico.
La guerra contro Como e i torriani durò fino all’aprile-maggio
del 1286 quando a Lomazzo prima, e a Milano poi, fu firmata la pace.
Fra i patti era
sancito che Castelseprio sarebbe stata consegnata senza indugi al comune ambrosiano
e il Podestà di Como in quell’anno, Guido da Castiglione, accettò
ogni cosa salvo poi portarsi a Castelseprio ed installarvisi con la forza.
I patti stabiliti, tuttavia, non furono accettati dai della Torre e dal Marchese
del Monferrato i quali proseguirono nella lotta armata.
Guido da Castiglione intanto continuava, molto abilmente, a tenere Castelseprio
sebbene si proclamasse disposto alla consegna del fortilizio ai Visconti.
In questo modo Guido da Castiglione divenne il simbolo dell’opposizione
antiottoniana.
L’Arcivescovo fu così costretto ad agire prima che la fazione avversaria
si riorganizzasse proprio in Castelseprio, rinnovando così il pericolo
che il luogo aveva già più volte rappresentato per Milano.
Quello che a questo punto accadde, è conosciuto per sommi capi: pare
che un gruppo di uomini originari della Val d’Ossola, al soldo di Ottone,
forse travestiti da muratori o carpentieri e mescolati fra le maestranze richiamate
sul luogo per la ricostruzione del borgo saccheggiato l’anno prima, riuscisse
ad entrare nella fortezza incendiandola.
Guido da Castiglione scomparve e la rocca tornò nelle mani di Ottone
Visconti il quale ordinò che questa venisse distrutta: “Castrum
Seprium destituatur et perpetue destructum teneatur et nullum audeat vel praesumat
in ipso monte habitare”.