STORIA DEGLI SCAVI ARCHEOLOGICI
L'interesse archeologico per l'antico castrum castelsepriese iniziò già pochi decenni dopo la distruzione del luogo: Galvano Fiamma narrava, fra l'altro, che nel 1339, presso il Monastero di Torba, allo sradicarsi di un vetusto albero, era apparsa la tomba di un re longobardo, un certo Galdo, sepolto con corona e globo aureo e con la spada che era stata di Tristano.
Nel XV secolo, su ordine del Cardinale Branda da Castiglione, l'umanista Ciriaco Pizzicolli trascrisse le lapidi romane inserite nelle murature superstiti. Nel 1541 Bonaventura Castiglioni, compilando una piccola guida archeologica del territorio insubre, descriveva ciò che restava allora dell'antico castrum.
Nel 1809 il Nobile Parochetti di Gornate Olona, demolendo i ruderi della cosiddetta casa-torre, di sua proprietà, per ricavarne materiale da costruzione da reimpiegare in una nuova costruzione, ne trasse cippi, lapidi e are romane che furono lette dal Mazzucchelli, dottore dell'Ambrosiana.
I primi scavi veri e propri sono da attribuirsi agli Archinto, noti collezionisti di antichità, i quali li affidarono al Corbellini.
Nel 1944 vennero
scoperte le pitture di Santa Maria foris portas.
Le prime indagini archeologiche sistematiche a Castelseprio, effettuate allo
scopo di delimitare l'estensione dell'insediamento e controllare la consistenza
del deposito archeologico, ebbero inizio negli anni 1946-1947, per iniziativa
delle Soprintendenze alle Antichità e ai Monumenti, in collaborazione
col Museo di Varese e sotto la direzione di Mario Bertolone.
Successivamente,
tra il 1954 e il 1958, vennero messi in evidenza la chiesa di San Giovanni,
il battistero, la cisterna, le torri interne, parte della cinta muraria e la
chiesa di San Paolo mentre un'area riservata alle abitazioni venne localizzata
sempre all'interno del castrum. Restavano ancora da chiarire le fasi cronologiche
a cui le singole strutture andavano collegate.
Per ottenere quindi più precise informazioni sulle fasi di occupazione
del sito tra il 1962 e il 1963 furono programmati, dall'allora soprintendente
Mirabella Roberti e dal Bognetti, una serie di sondaggi stratigrafici la cui
conduzione fu affidata a L. Leciejewicz, E. Tabaczynska, S. Tabaczynski dell'Istituto
di Cultura Materiale di Varsavia. L'esplorazione interessò l'area della
torre centrale presso San Giovanni Evangelista e una parte dell'abitato altomedioevale
presso le mura Sud-ovest. Presso la torre le informazioni di maggiore interesse
vennero fornite dal riempimento di un pozzo perdente riutilizzato come fossa
di scarico in età longobarda. Per la prima volta infatti era possibile
stabilire, pur con qualche approssimazione a livello cronologico, quali erano
le forme e i tipi ceramici utilizzati dagli abitanti del luogo tra il VI e il
VII secolo. Lo scavo nel quartiere dell'abitato permise di constatare la sovrapposizione
di nove livelli archeologici corrispondenti ad altrettante fasi di occupazione
distribuite cronologicamente tra età tardoromana (IV o V sec. d. C.)
e pieno periodo longobardo.
Sempre all'inizio
degli anni Sessanta proseguivano i massicci lavori di sterro per mettere in
luce il perimetro della cinta muraria; parallelamente riprendevano, tra il 1965
e il 1973, i sondaggi sparsi effettuati dalla Soprintendenza Archeologica in
collaborazione con la Società Gallaratese di Storia Patria. Limitati
assaggi interessavano l'area absidale interna ed esterna di San Giovanni Evangelista,
parte dell'abitato presso le mura di Sud-Ovest, le torri lungo il lato sud della
cinta, l'accesso al castrum, un tratto delle mura di Nord-Est e i resti di una
torre e di un tratto di mura sopra Torba. Durante il sondaggio all'esterno dell'abside
di San Giovanni, veniva scoperta, sotto un livello di sepolture altomedioevali,
una grande fossa focolare in uso almeno tra IV - V e VI sec. d. C.. Inoltre,
lo scavo presso la torre esterna 2 della cinta mostrava un livello d'uso con
materiale del VI - inizi VII secolo formatosi quando la torre, ormai diroccata,
venne riadattata a vano di abitazione e un sottostante strato del V - VI secolo
connesso all'utilizzo della torre come struttura fortificata.
Tali indicazioni, sostanzialmente confermate dagli scavi in corrispondenza della
torre esterna 1, anch'essa trasformata durante l'occupazione longobarda in struttura
abitativa, faceva sorgere non pochi interrogativi riguardo la possibilità
che Castelseprio avesse ancora in quel periodo funzioni di castrum.
Nel 1977 la Soprintendenza
Archeologica della Lombardia riprese l'indagine archeologica affidandone la
conduzione scientifica all'Istituto di Archeologia della Università Cattolica
di Milano, che si è giovata di contributi del CNR.
L'indagine si è concentrata in due aree di particolare interesse allo
scopo di chiarire i rapporti cronologici esistenti tra la torre centrale e la
cisterna e accertare con maggiore precisione la sequenza dei momenti di occupazione
nel quartiere di abitazioni all'interno del castrum. All'interno del settore
A, localizzato nella ristretta area compresa fra la torre centrale e la cisterna,
i prelievi effettuati dal 1977 al 1979 hanno accertato che il primo intervento
edilizio riguarda l'erezione della torre centrale 1 (le cui fondazioni sono
inserite nel terreno vergine), mentre solo in un secondo momento (fine V e inizio
VI secolo d. C.?) corrispondente forse ad una fase di riorganizzazione del centro
fortificato, va assegnata la costruzione della cisterna. La trincea di fondazione
di quest'ultima taglia infatti una grande fossa anch'essa aperta nel terreno
vergine, forse funzionate alla raccolta delle acque di gronda della torre e
già in disuso quando venne edificata la cisterna. Dopo questi primi due
interventi la zona conserva tracce di successive fasi di frequentazione documentate
da tre livelli sovrapposti di sepolture con diverso orientamento e da piani
di calpestio, l'ultimo dei quali riferibile alla rampa laterale di accesso alla
chiesa di San Giovanni, probabilmente tardomedioevale. Le ricerche nel settore
C, localizzato all'interno del quartiere residenziale altomedioevale presso
le mura di Sud-Ovest, hanno permesso di mettere in luce, sotto uno strato superficiale
di humus, alcuni ambienti riferibili ad un 'unica casa altomediovale le cui
strutture denunciano diverse fasi costruttive.
Nel 1980 la ricerca si è sviluppata in più direzioni anche in rapporto a necessità determinatesi in seguito ai lavori intrapresi a Santa Maria Foris Portas per il rifacimento del tetto. Su richiesta della Soprintendenza Archeologica si è proceduto al controllo stratigrafico dei cinque tagli di 1 x 1 m effettuati intorno alla chiesa in vista della costruzione di pozzetti per la raccolta dell'acqua piovana. I saggi, molto limitati, non hanno fornito elementi cronologici di rilievo ma hanno evidenziato la presenza di livelli e strutture tombali in situ.
Durante le medesime indagini, un primo censimento dei pezzi litici di reimpiego inglobati nelle murature ha portato alla identificazione di 31 elementi degni di interesse. Una grossa novità è rappresentata dal fatto che una loro buona parte risulta appartenere a monumenti funerari a recinto, strutture ben documentate nell'area veneto-emiliana in prevalenza nell'ambito del I secolo d.C., ma non presenti in Lombardia ad occidente dell'Adda. Un reimpiego di questi elementi in numero così sensibile solleva, quindi, una serie di quesiti sulla loro provenienza, riproponendo l'annoso problema della 'romanità' di Castelseprio. È chiaro infatti che un numero così elevato di elementi di recinzioni funerarie (che si aggiunge alle numerose epigrafi sepolcrali recuperare nell'Ottocento) non può provenire che dal sistematico smantellamento di una necropoli romana di una certa rilevanza posta nelle vicinanze del castrum.
Negli stessi
anni il FAI acquisì il complesso di Torba e ne avviò il restauro
sia delle strutture, sia delle pitture.
Alcune compagne di scavo iniziate del Deiana all'interno della chiesa di Santa
Maria rivelarono la presenza di una cripta poi scavata a fondo dal Brogiolo
fra l'81 e l'83. Sempre Deiana, nel '78, mise in luce i resti del saliente che
scendeva dal castrum. Nel 1981 ripresero, ad opera del Carver e del Brogiolo,
le indagini intorno a Santa Maria foris portas, indagini che hanno consentito
di conoscere completamente la chiesa e di effettuarvi i restauri necessari al
suo mantenimento.
Nel 1989 il Brogiolo, sotto l'egida della Soprintendenza Archeologica della Lombardia, condusse nuovi scavi a nord della basilica di San Giovanni mentre nel 1990-91 la Surace indagò un altro buon tratto della cinta muraria del castrum e la zona interna ed esterna della cascina-monastero di San Giovanni.
RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DI ETA' PREISTORICA
RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DI ETA' ROMANA
RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DI ETA' GOTA
RITROVAMENTI ARCHEOLOGICI DI ETA' LONGOBARDA